Negli scorsi articoli abbiamo imparato molte differenze tecniche tra gli scacchi occidentali ed il “gioco dei generali”. Tuttavia, come ci si aspetta, i due giochi si discostano anche per l’etichetta comportamentale richiesta. Negli scacchi la stretta di mano indica l’inizio e la fine di una partita; nello shōgi… non è così semplice. Vediamolo insieme.
Dopo essersi messi in “seiza“(星座) davanti alla scacchiera, si fa un inchino di 45 gradi pronunciando la frase “yoroshiku onegaishimasu” (よろしくお願いします, ma la prima parte si può omettere per essere meno formali) che può essere reso in italiano come “sarà un piacere giocare contro di te”.
Quando uno dei due giocatori reputa che continuare a giocare non sia più intrattenente, deve fare un inchino chinando la testa e coprendo con la mano destra i pezzi sul portapezzi dicendo “makemashita” (負けました), ossia “ho perso”.
Questa frase è secondo me la più importante, poiché, secondo le regole dello shōgi, la partita termina non quando si dà lo scacco matto, ma nel momento in cui uno dei due giocatori si arrende.
Anche il vincitore, a questo punto, in segno di rispetto, si inchina e ringrazia per la partita con “arigatou gozaimashita” (ありがとうございました).
Per concludere la partita come dei veri professionisti, è anche necessario prendere parte al “kansōsen” (感想戦), cioè la discussione post-partita, in cui il clima è molto più rilassato e le regole di comportamento meno strette. In conclusione, un buon giocatore è colui che non solo sa giocare bene, ma è anche rispettoso della forma, facendo di ogni partita una cerimonia che lo avvicina di un piccolo passo verso la perfezione.